L’estate italiana del 2023 sarà ricordata per il picco di caldo mai registrato prima, complice il riscaldamento globale, e per il granchio blu che nel Mare Adriatico ha fatto e sta facendo razzia di specie autoctone. Ma come spesso accade, tra negazionisti e disinteressati, i fatti restano intrappolati nei titoli dei quotidiani e le soluzioni sembrano non trovare concretezza. Ma cosa sono le specie invasive? Come hanno fatto le cosiddette specie aliene a impossessarsi di interi ecosistemi in un tempo relativamente breve?
La risposta a queste domande non è univoca, e benché quello delle specie invasive sembrerebbe un vero e proprio trend acchiappa like, l’argomento è tutt’altro che nuovo. Situazioni come quella del granchio blu in Italia si sono verificate già nei secoli precedenti, vero è che prima del XIX secolo, gli scienziati raramente mettevano l’accento su specie autoctone e aliene. Era certamente attiva un’osservazione scientifica, ma questa era molto lontana dalle constatazioni e, ovviamente, anche dalla ricerca di soluzioni. Nel 1958, l’ecologo britannico Charles Elton pubblicò il suo primo trattato sull’ecologia delle invasioni di animali e piante, “The Ecology of Invasions by Animals and Plants”. Il linguaggio, inevitabilmente bellico visto il periodo appena concluso, metteva in guardia proponendo quella che a suo avviso doveva essere una lotta violenta contro la diffusione di piante e animali indesiderabili. Nacque così la biologia delle specie invasive, uno studio approfondito e tracciato sull’impatto dannoso delle specie introdotte non naturalmente in ambienti diversi da quelli di nascita. Ma lo studio, si sa, non è sempre sinonimo di azione e con l’accelerazione della globalizzazione degli anni Novanta, il trasporto più o meno consapevole di innumerevoli specie, ha dato il via ad una nuova pericolosa epoca che minaccia tutt’oggi la biodiversità. Gli ecosistemi rischiano dunque di perdere il loro equilibrio e la loro unicità, e il rischio è quello di assomigliarsi sempre di più. Si parla chiaramente di un rischio ambientale, ma anche culturale perché è dal cibo che passa gran parte della civiltà dei territori.
Le specie invasive nel mondo e nella storia
Per quanto a livello globale si parli di specie invasive associandole agli animali, come nel caso dei granchi blu, del pesce scorpione e del cinghiale, i “nemici” più infestanti sono le piante. Alcuni esempi? L’alga giapponese Wakame, particolarmente infestante, nel suo territorio naturale e originale viene tenuta sotto controllo dall’ecosistema attraverso erbe e insetti mentre in altre zone scava in profondità e in larghezza registrando una capacità di distruzione in grado di sfondare cemento e asfalto. O, ancora, l’erba aglina (o senape dell’aglio) proveniente dall’Europa, le cui radici rilasciano una sostanza tossica che rende il terreno inabitabile per altre specie. E l’elenco sembra essere interminabile.