Guancia di maiale, fieno, kimchi e topinanbur
Cosa significa fare fine dining in una città dove la tradizione gastronomica è molto forte?
Questo è un tasto dolente: il cittadino bolognese è un po’ restio a venire al ristorante fine dining, perché è molto legato alla tradizione di casa, al cibo della nonna. Negli ultimi anni i clienti locali si stanno avvicinando un po’ di più, perché ho un modo di vedere la cucina diverso: riesco a spaziare dalla creazione super contemporanea al piatto molto tradizionalista. Ho capito che l'importante è non proporre mai rivisitazioni delle ricette della tradizione e, se si fanno, bisogna approcciarsi con rispetto. Stiamo facendo molta ricerca sul prodotto, portando avanti un maggior rispetto per le materie prime. Questo si traduce in azioni concrete, come per esempio prendere un fungo e rimodularlo nello stesso piatto in tanti modi.
Un piatto che rappresenti il suo passato, uno per il presente e uno per il futuro?
Quello del passato è il piatto che mi ha avviato nel mondo del fine dining. Si tratta di un mio signature dish, una ricetta storica che a rotazione inserisco sempre nei miei menu, soprattutto nei periodi estivi in cui il pomodoro si trova facilmente: Risone con acqua di pomodoro datterino giallo, infuso di tè lapsang souchong (un tè nero cinese che viene ritrattato e affumicato), che completo con stracciatella di bufala, curry e polvere di prezzemolo. Per il presente ce ne sono tanti di piatti rappresentativi del lavoro che stiamo facendo, ma scelgo il Fungo al Cubo (o "alla terza", detto in termini matematici), una portata presentata in tre servizi: un cardoncello scottato e nappato al burro, di scuola francese, con erbe, timo e sale affumicato (con gli scarti del fungo facciamo dei sottaceti e li usiamo come texture diversa del fungo, beurre blanc a base di fungo e olio al prezzemolo); per il secondo servizio prepariamo la cotoletta di fungo con maionese al prezzemolo, servita in un agglomerato di foglie che bruciamo e che dona un aroma fumé; dal momento che facciamo sempre un lavoro di recupero degli scarti, per il terzo servizio prepariamo un brodo di fungo molto intenso, fatto proprio con gli scarti: lo facciamo bere alla fine, viene fatto con scalogno, fungo e vino bianco. Il piatto del futuro? In questo momento mi risulta difficile pensare a una ricetta specifica, ma senza dubbio la filosofia che caratterizzerà la mia cucina di domani sarà dedicarmi sempre più al vegetale e alla raccolta di prodotti spontanei, che saranno al centro del prossimo menu.