Sul metodo della frollatura della carne non c’è più molto da dire essendo questa una tecnica di conservazione adottata dall’antico popolo del Tartari già nel V secolo, quello su cui oggi è concentrata la curiosità degli amanti del fine dining è certamente la frollatura del pesce.
È Josh Niland (chef e proprietario del ristorante Saint Peter di Sidney, ndr) che ha lavorato per primo a questo modo di trattare i prodotti ittici e lo ha fatto in modo piuttosto sorprendente proprio perché il pesce, così come lo conoscevamo prima, era una tipologia di ingrediente altamente deperibile non adatto alla lunga conservazione.
Ma il mondo gastronomico, che si appoggia sulle solide basi della tradizione, evolve e soprattutto lo scenario dell’alta cucina volge lo sguardo sempre oltre. Ed ecco quindi che la frollatura del pesce è diventata una tecnica approcciata anche da altri.
In Italia, gli chef che si dedicano alla frollatura del pesce sono ancora pochi perché si tratta di un metodo complesso che deve seguire rigidi protocolli che richiedono anche costi elevati.
Da Raffilù, ristorante focalizzato sulla cucina di pesce a Peschiera del Garda, la frollatura dei prodotti ittici è all’ordine del giorno. Il proprietario, Fabio Gambini, conosce molto bene le tecniche di frollatura del pesce e del ridurre lo spreco ittico scegliendo materie prime di altissima qualità ha fatto la sua bandiera personale. Abbiamo cenato da Raffilù e ci siamo fatti raccontare come si fa la frollatura del pesce e soprattutto perché si fa!
Che cos’è la frollatura del pesce
È un metodo di conservazione che si usa per migliorare aromi e proprietà organolettiche del pesce. Grazie a questo metodo il sapore si concentra ed è possibile scorgere tutte le sfumature gustative che spesso sfuggono con un pesce fresco.
Le due fasi della frollatura del pesce
La prima fase viene detta enzimatica proprio perché viene concentrato il glucosio presente all’interno del pesce che ne migliora il sapore. Sono molto importanti infatti la conoscenza della provenienza del pesce e il metodo con cui è pescato. Ristoratore e pescatore, in questa fase, collaborano moltissimo perché il pesce dedicato alla frollatura non deve subire nessun tipo di stress. Pesca a strascico e pesca a rete sono tecniche che, oltre a non essere sostenibili, non sono adatte alla successiva frollatura. Il pesce da frollare deve aver fatto una buona vita e deve essere stress-free. Anche il momento dell’abbattimento del pesce è fondamentale per garantire la qualità adatta alla frollatura. Si usa infatti la tecnica dell’ikejime, nata in Giappone che consiste nell’inserire uno spuntone di metallo in modo rapido nella testa dell’animale. Così facendo il pesce non solo non prova dolore, ma muore istantaneamente e non si accumula acido lattico nelle carni.
La seconda fase avviene in modo molto organico e inizia quando si esaurisce il glucosio nei muscoli del pesce. In questa fase ci si concentra sulla perdita dei liquidi e la carne acquista una migliore consistenza e una maggiore masticabilità. Questo si rileva in base ad un calo del peso e si esaurisce quando si ha una riduzione dal 10% al 18%, chiaramente in base alla pezzatura e alla tipologia del pesce, si ferma il processo di frollatura e quelle carni sono pronte per essere consumate.