Se vi diciamo “caramello” è probabile che, istintivamente, vi venga in mente lo zucchero. Capite bene, però, che per passare da quei granuli dolcissimi al composto fluido, che in pochi istanti diventa una deliziosa crosta dal sapore tostato, deve per forza succedere qualcosa. E quel qualcosa è una serie di reazioni molto amate dagli scienziati quando vogliono spiegare in modo divertente e goloso la chimica.
Come caramellare lo zucchero
Partiamo col dire che quello che noi chiamiamo “zucchero”, quello del supermercato o delle bustine da caffè per intenderci, è saccarosio. Si tratta di un disaccaride, dove “di” sta per “due” e indica, infatti, l’unione delle molecole di due monosaccaridi, vale a dire il glucosio e il fruttosio. In natura, a temperatura ambiente, si trova in uno stato solido, sotto forma dei cristalli che tutti conosciamo, o in soluzione, all’interno di piante come la canna da zucchero e la barbabietola da zucchero.
Ma se la temperatura aumenta, in modo considerevole e ben oltre le temperature che troviamo in natura, si entra nel mondo della caramelizzazione. Con questo nome si intende una serie di reazioni che avvengono, in sequenza, a circa 160°C, e che ci portano dalla forma bianca e granulosa al goloso fluido dall’inconfondibile sapore.
Caramello: secco o bagnato?
Ma, subito, sorge il primo dubbio amletico, che divide la platea degli appassionati di caramello: secco o bagnato? La preparazione a secco consiste nel mettere il saccarosio in un pentolino, quella "bagnata", invece, prevede di scioglierlo prima in acqua e versare la soluzione nella pentola.